mercoledì 29 febbraio 2012

Il nostro 8 marzo in ricordo di tutte le donne vittime di violenza

Questa sera trasgrediamo alla consuetudine del report settimanale nonostante che proprio la qualità e la funzione dei nostri reports siano state uno dei punti discussi e nonostante che le compagne che questo pomeriggio si sono incontrate a Firenze con le consigliere regionali ci abbiano raggiunto al ritorno e ci abbiano generosamente riportato una sintesi di questo incontro.
Di tutto questo quindi vi parleremo prossimamente mentro ora vogliamo privilegiare una comunicazione che riguarda la nostra proposta per il prossimo 8 marzo.
Nel 1993 nel Preambolo della Dichiarazione per l’eliminazione di tutte le discriminazioni contro le donne CEDAW ONU 1993 si dice che la violenza di genere è “ la manifestazione di un potere relazionale storicamente diseguale tra uomini e donne …”. Più vicino a noi ovvero se guardiamo alla nostra istituzione regionale, è del 2007 la legge regionale n°59 in cui è scritto che la violenza di genere è “una violazione dei diritti umani fondamentali … e costituisce minaccia per la salute ed un ostacolo al godimento del diritto ad una cittadinanza sicura, libera e giusta”.
La violenza maschile dunque determina nelle donne una condizione di vita fuori dal proprio controllo e limita l’accesso alle risorse e all’autonomia.
Siamo partite da qui nella nostra discussione ed abbiamo quindi scelto di dedicare "il nostro" 8 marzo a questa battaglia.
Di seguito, ma anche allegato, trovate la nostra proposta, mentre chiediamo a tutte e a tutti di unirsi a noi anche facendola circolare il più possibile nelle nostre mailing lists o attraverso facebook.

In occasione dell’ 8 marzo le Donne del 13 febbraio Siena – Comitato Se Non Ora Quando organizzano un flash mob per ricordare tutte le donne che ogni anno in Italia sono vittime della violenza di genere.
Una donna su tre, tra i 16 e i 70 anni è stata colpita nella sua vita dall’aggressività di un uomo, il più delle volte da partners, ex-partners, padri, fratelli o comunque familiari..

Le più numerose ad essere colpite sono le donne tra i 16 e i 24 anni e nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate. La violenza, soprattutto quella domestica, passa sotto un pericoloso ed assordante silenzio.
La punta di questo iceberg è rappresentata da quello che recentemente è stato definito “femminicidio”:127 donne uccise nel 2010, 139 nel 2011, 12 dall’inizio del 2012.

Facciamo un flash mob perchè troppe donne in Italia sono vittime di violenza.
Facciamo un flash mob per impegnarci tutte e tutti a costruire e affermare una cultura del rispetto e dell’ascolto.
Questo flash mob è anche per la ragazza che è stata recentemente vittima di violenza qui a Siena, perché lei, come tutte le donne che la subiscono, non devono essere lasciate sole.

Cos’è un flash mob
è una manifestazione che dura pochi istanti o minuti, convocata attraverso un passa parola telematicon che coinvolge tutte e tutti coloro che condividono il messaggio. Al segnale convenuto, il tutto accade: decine e decine di persone, contemporaneamente fanno tutte la stessa cosa, invadendo pacificamente un certo luogo. Poi, allo stesso segnale, ognuno se ne va così come è arrivato.

Il nostro “freeze” flash mob dell’ 8 marzo:
Ci troviamo in via Banchi di Sopra lungo il tratto che va dall’Arco di Via dei Rossi a P.zza Salimbeni, alle 13:50 (all’uscita dalla scuola o dal lavoro, bastano 10 minuti), indossando un indumento bianco (maglietta, sciarpa, foulard, cappello….).Dobbiamo trovarci sul luogo come se fossimo di passaggio, apparentemente senza un accordo preventivo, irriconoscibili in mezzo alla folla.
Al segnale, che sarà un grido di donna, tutte si immobilizzano in una posizione che esprima paura, terrore, dolore, in piedi o distese o sedute per terra. 
E’ importante rimanere immobili, “congelati”. 
Al secondo grido, dopo pochi minuti, ognuna si scioglie dalla posizione e se ne va come se niente fosse.


  
Da oggi ci trovi anche su FACEBOOK

IL FLASHMOB SU FACEBOOK


Il nostro prossimo appuntamento é per Lunedì 5 marzo alle ore 17,30 presso Le Stanze della Memoria. 
Albalisa

domenica 26 febbraio 2012

Report 22 Febbraio

Mercoledì è stato un incontro più breve del solito, finito per esaurimento mano a mano che ognuna andava via, ma siamo comunque riuscite a confrontarci su due punti all'ordine del giorno: 8 marzo e imminente incontro con il comitato promotore.
Daniela P. ci ha aggiornate sul lavoro che sta portando avanti il gruppo organizzatore 8 marzo. Il progetto iniziale di proiettare Libere in una classe di due Licei senesi è sfumato: i presidi e gli insegnanti non possono sottrarre tempo alle lezioni a causa dei giorni di lavoro persi per via della neve. Ad ogni modo Daniela è in contatto con una studentessa del Liceo della Formazione che è disponibile ad organizzare un confronto con noi, magari nella prossima Assemblea autogestita ad Aprile. 

venerdì 24 febbraio 2012

8 marzo 2012

A cena insieme
...fare buon uso dei luoghi e della terra

Il cibo richiama la comunità, la convivenza, il dialogo...
il desiderio di un percorso unitario tra donne e i loro gruppi, associazioni e movimenti.


clicca sull'immagine...

giovedì 23 febbraio 2012

188 firme per la legge 188

Firma la petizione per la legge 188 contro le dimissioni in bianco

firmate e fate firmare collegandovi al link:
http://petizionepubblica.it/PeticaoVer.aspx?pi=P2012N20910 



A seguire il testo della lettera che il giorno mercoledì 22 febbraio abbiamo consegnato, in un incontro molto cordiale con la Prefetta dott.ssa G.M. Pantalone, la quale si é fatta garante, come é nelle sue funzioni, della trasmissione della stessa agli Organi di Governo. Atto compiuto in collaborazione ed in rappresentanza delle Associazioni femminili della nostra città e della CGIL, atto simbolicamente compiuto in contemporanea in tutte le città d'Italia.



Al Presidente del Consiglio Mario Monti
Al Presidente della Camera Gianfranco Fini
Al Presidente del Senato  Renato Schifani
Alla Ministra Elsa Fornero
Alle deputate e alle senatrici di tutti i gruppi parlamentari

Norme efficaci contro le dimissioni in bianco, subito
Grazie all’impegno delle donne, finalmente è maturata una grandissima condivisione nel dibattito  pubblico intorno alla legge contro le dimissioni in bianco,  provata dall'accoglienza della nostra iniziativa  “188 firme per la legge 188.”
Di ciò abbiamo parlato nell’incontro avuto su questo tema  con la Ministra Elsa Fornero il 7 febbraio e questo intendiamo continuare a sostenere con la conferenza stampa del 23 febbraio .
Chiediamo norme che prevengano  e contrastino l’abuso nei confronti di giovani lavoratrici e giovani lavoratori al momento dell’assunzione quando  capita che venga richiesto loro di firmare una lettera di dimissioni volontarie, definite in bianco perché senza data. La data verrà messa successivamente,per mandare via quella ragazza o quel ragazzo di fronte a una gravidanza, un matrimonio, un infortunio, una lunga malattia o la fine del  periodo di incentivi per la loro assunzione.
La legge 188 sulle dimissioni in bianco del 2007, fu presentata in Parlamento con il consenso delle donne di tutto il centro sinistra e del centro destra che insieme presentarono  un ordine del giorno, premessa al voto unanime con il quale il disegno di legge fu approvato alla Camera.
Successivamente alla sua abrogazione avvenuta nel giugno del 2008, sono state  depositate in Parlamento alcune  proposte di legge per definire norme contro le dimissioni in bianco.
Noi donne del sindacato, del giornalismo, della società civile, della politica, noi che abbiamo promosso quella legge nel 2007, chiediamo al Presidente del Consiglio,ai Presidenti di Camera e Senato,alla Ministra Fornero ,alle parlamentari di tutti i gruppi presenti alla Camera e al Senato di assumere un impegno per un intervento legislativo urgente ed efficace contro le dimissioni in bianco.
Siena, 22 Febbraio 2012
Le Donne del 13 Febbraio Siena – Comitato Se Non Ora Quando
Atelier Vantaggio Donna
CGIL – Siena
Presenti/Differenti
Archivio UDI – Siena
Centro culturale delle donne Mara Meoni


mercoledì 22 febbraio 2012

LEGGE CONTRO LE DIMISSIONI IN BIANCO, RESITUIRE AL PAESE UNA LEGGE DI CIVILTA' 23 febbraio giornata di mobilitazione nazionale

Si terrà il 23 febbraio alle ore 11,30 presso la sala Stampa della Camera dei Deputati una conferenza stampa delle 14 firmatarie dell'appello “188 firme per la legge 188 “promosso per chiedere norme efficaci contro le dimissioni in bianco.

Nel corso della conferenza stampa sarà presentata la raccolta delle firme di donne che in brevissimo tempo hanno risposto all'appello delle 14 promotrici: si tratta di donne di tutti i mondi del lavoro, delle professioni, dell'università, della ricerca, del sindacato, del giornalismo, della politica, dei movimenti, dei partiti, della scienza, della scuola.

Nella conferenza stampa - dicono le promotrici - verrà presentata la lettera inviata al Presidente del Consiglio, ai Presidenti di Camera e Senato, alla Ministra Elsa Fornero, alle parlamentari di Camera e Senato con la quale viene richiesto un intervento legislativo urgente ed efficace contro il fenomeno delle dimissioni in bianco.
La lettera verrà consegnata da una delegazione di donne a tutte le Prefetture d'Italia
il 23 febbraio.

Saranno presenti, oltre alle promotrici dell'appello, alcune delle firmatarie e le Parlamentari di Camera e Senato.

Le Donne del 13 Febbraio Siena – Comitato Se Non Ora Quando
Atelier Vantaggio Donna
CGIL – Siena
Presenti/Differenti
Archivio UDI – Siena
Centro culturale delle donne Mara Meoni

“La vergognosa pratica delle dimissioni in bianco colpisce 2 milioni di lavoratori, soprattutto donne, costrette a firmare lettere di pre-licenziamento all’atto dell’assunzione. Oggi sembrano esserci finalmente le condizioni per tornare ad approvare le norme contro le dimissioni in bianco, già contenute nella legge 188 che è stata cancellata dal precedente Governo. Sarebbe un atto di civiltà, un segnale importante in una fase in cui si apre la discussione sulla riforma del mercato del lavoro. I dati sono inequivocabili: sono state oltre 800 mila le donne che hanno perso il lavoro a seguito della richiesta di una firma in bianco trasformata in dimissioni al momento della maternità. Il processo di crescita del nostro Paese deve partire dal recupero di questo esasperato svantaggio femminile e dal riconoscimento di maggiori tutele per le donne lavoratrici e madri allo stesso tempo. Il lavoro femminile può costituire una risorsa importante per la ripresa dell’Italia, ma senza regole, servizi e politiche adeguate la risorsa viene sprecata”.
Questa la dichiarazione di Susanna Cenni, parlamentare senese, tra le firmatarie della proposta di legge n. 3409, a prima firma Maria Grazia Gatti, in appoggio alla mobilitazione di “Se non ora quando?” in tutte le città d'Italia, che anche a Siena in questi giorni si sta attivando.

domenica 19 febbraio 2012

Report 15 febbraio 2012


Presenti: Antonia, Gianna, Susanna, Simonetta, Rossella, Patrizia e Concetta oltre a due studentesse universitarie che vorrebbero formare un comitato SNOQ a Fabriano, loro cittadine di origine: Francesca ed Alice che hanno lasciato il loro indirizzo e-mail a Susi per essere inserite nell'indirizzario.
Inizia Antonia: abbiamo ricevuto la proposta dall'Archivio dell'UDI di partecipare ad una cena l'8 marzo e di aderire come SNOQ, non solo singolarmente. Aderire e partecipare significa condividere tutte insieme, associazioni di donne e singole, un momento importante di unità non solo a livello simbolico. Anche l'assemblea si dichiara favorevole. Susy scriverà all'Udi e a tutte per aderire, indicando anche l'indirizzo di posta elettronica al quale ognuna potrà scrivere per la propria prenotazione alla cena.
Poi Antonia legge l'invito arrivato dalla Provincia, precisando che l'assessora Pellegrini, nell'ambito del piano d'azione per Carta europea dell'uguaglianza di genere, intende promuovere un convegno per i primi di maggio prossimo, per fare il punto sulle politiche di genere nel territorio senese ed individuare continuità future ed ulteriori interventi. Domani ci sarà il primo di più  incontri previsti in preparazione del Convegno, nella sala Consiliare della Provincia, con tutte le associazioni femminili presenti sul territorio. I temi sono ben indicati nella lettera di invito che tutte hanno e che sono 4:Le terre di Siena: dove la diversità è un valore; Le terre di Siena: dove si vive bene; Le terre di Siena: dove lavoro e sviluppo cercano di essere buoni e belli. Il primo incontro tratterà il primo tema con un focus sul sistema e sulle potenzialità del lavorare in rete. Antonia illustra anche la finalità degli incontri ed il metodo (si rimanda alla lettura della memoria inviata allegata all’invito della Provincia).                                                                                                   
Tutte insieme si decide di aderire come Comitato SNOQ alla iniziativa della Provincia e di partecipare agli incontri previsti in preparazione del Convegno. Antonia e Patrizia danno la propria disponibilità a partecipare agli incontri ma si attende anche l’adesione di altre che lo volessero. Per le partecipanti, l’impegno è di riferire nella prossima riunione del nostro  Comitato che sarà mercoledì 22 febbraio p.v.

Antonia continua gli argomenti all’o.d.g.:
venerdì prossimo,  il 17/02 ci sarà  l’incontro al Tavolo delle politiche di genere. Ci rappresentano Albalisa e Carla F. Il coordinamento regionale toscano SNOQ ha elaborato proposte e individuato criticità sul Piano integrato socio-sanitario regionale che comprende anche la Legge 194 e oggi c’è stato il primo incontro in Regione con l’assessora Pugnalini. Parteciperanno al tavolo comunale per noi Gianna e Carla F.e ci sarà, oltre alla assessora Rosignoli che coordina, anche  la presenza dell'assessora Ferretti, al welfare e sanità.  Secondo Gianna, si affronteranno soprattutto le criticità legate alla L.194 e all’applicazione di questa legge nel suo insieme. (arrivano Silva, Daniela Pasquini, Giulia e Carla Vindigni). Gianna illustra le varie problematiche e mancanze riguardo al servizio consultoriale ( insufficiente e completamente snaturato nello spirito iniziale ). Si sofferma poi sulla legge 194 illustrandone la storia e le attuali problematicità ( obiezione di coscienza, interruzione della somministrazione della pillola per l’aborto farmacologico, difficoltà di reperimento della pillola del giorno dopo).
Carla e Gianna ce ne riferiranno nel prossimo incontro del 22 febbraio. Ilaria (sopraggiunta) chiede di introdurre anche il tema della vaccinazione a tappeto gratuita proposta dalla Regione a tutte le ragazze di 11 anni senza adeguata informazione sul vaccino e sulla copertura da esso fornito.   .
Antonia prosegue nell’o.d.g.: il giorno 19/02 ci sarà a Firenze un incontro di tutti i comitati SNOQ toscani. Noi abbiamo accolto la proposta di ritrovarci a Firenze al Palagio di Porta Guelfa dalle ore 10,30 alle 13,00 con pausa pranzo di un’ora e ripresa poi sino alle 17,00. Nella mattinata si discuterà della proposta organizzativa del Coordinamento SNOQ regionale toscano.
Il comitato fiorentino chiede che ci sia un intervento-relazione di ogni comitato al massimo per sette minuti. Ilaria parla di circolarità e vari ruoli dei comitati a livello regionale come argomento che andrebbe affrontato in quella sede. Per quanto riguarda le relazioni tra il livello Nazionale ed i Comitati locali, di cui comunque si parlerà, rimanda agli  argomenti suggeriti da tutte, compresi nel  report dell’ultimo incontro fatto da Giulia.  Le "romane" stanno valutando anche la possibilità di formare un'associazione di promozione sociale, che per legge avrebbe dei diritti riconosciuti. Ilaria e molte altre delle presenti sono contrarie a questo progetto e si dichiarano a favore, invece, della circolarità nella discussione di qualsiasi tema. Secondo Gianna, bisognerebbe che ci fossero incontri regolari dei comitati a livello regionale. Antonia dà la sua disponibilità a partecipare alla discussione sulla "rappresentanza". Noi donne non siamo presenti nei vari organi istituzionali e politici, neanche ai livelli decisionali nelle aziende pubbliche e private. La pubblica amministrazione, secondo Ilaria, dovrebbe essere di esempio per il privato dove le donne hanno la vita ancora più difficile. Antonia dice di essere disponibile a partecipare al gruppo di lavoro regionale sulla rappresentanza e chiede chi è interessata a partecipare e a formare anche un nostro gruppo  di lavoro  a Siena.
Una delegazione SNOQ, in rappresentanza del Comitato promotore, due settimane fa circa, ha incontrato il Presidente della Camera dei Deputati On. Fini con lo scopo di chiedere adeguate garanzie per la rappresentanza femminile qualunque sia la riforma elettorale che uscirà dalle Camere. Fini ha garantito il suo impegno.  Secondo Giulia, potrebbe essere anche l'incontro provinciale di dopodomani l'occasione per parlare anche della rappresentanza. Antonia continua ad illustrare  l’o.d.g. di domenica 19 febbraio a Firenze e riferisce che nel pomeriggio sono previsti gruppi di discussione su: lavoro, rappresentanza, rappresentazione, Welfare-PISSR. Ognuna delle partecipanti avrà modo di portare il proprio contributo a seconda della specifica competenza o desiderio.
A Firenze andranno:

lunedì 13 febbraio 2012

Accadde...un anno fa


13 febbraio 2011
Se Non Ora Quando?

la manifestazione che ha portato nelle piazze italiane più di un milione di donne


video di Francesca Comencini






DONNE MIE
Dacia Maraini


Mie donne assoggettate che io amo per

somiglianza e rancore perchè vi fate

mettere nel sacco mille volte al giorno

come sciocche sbadate buffe sordomute,

silenziose carnefici di voi stesse,

senza sapere niente di voi, donne mie,

senza sapere che siete malnate, malvissute,

maleamate in questa società di soli uomini

che amano se stessi in voi, come un riflesso.

Donne mie assonnate, vigilate, vinte

dall'inerzia di essere sempre impure e

deboli col sangue fluido tra le gambe serrate.



Donne mie malate di essere donne, voi non

sapete quanto siete malate per mancanza

di orgoglio, di ricchezza, di furore,

voi non volete sapere cosa volete,

siete caute, incredule, forti e senza minaccia,

vi accontentate di fare figli, di baciare

bocche bugiarde e sessi trionfali e credete

come due più due fa quattro che Freud ha

ragione nel paragonarvi a delle floride castrate.

Ma no, porco mondo, non sentite l'odore

della Vienna millenovecentodiciannove? e di un dolce

figlio mutilato che cercava le ragioni della

sua mutilazione? non sentite il solito inganno

di chi si crede al centro del mondo,

dell'universo e di tutti i tempi,

in un delirio di maschio faraonico e sventato?



Donne mie dalle dita che puzzano di aglio,

donne mie dalle vene varicose, gli occhi

feroci, le mani insolenti, la bocca timida,

vi hanno insegnato a essere cretine, povere,

dipendenti, vi hanno insegnato a dire

sempre sì, con astuzia degradante, con

candore massacrante, con vigore represso.

Vi hanno insegnato a lavorare, a ubbidire,

a tacere, a figliare, con gioia e purezza

senza acrimonia, per servire, aiutare,

sostenere, consolare l'uomo, sempre lui,

nella sua smagliante illusione razzista.

Donne di marmo, di pece, di latte cagliato,

voi lavorate ogni giorno senza stipendio

per i figli, il marito, i cugini, i nipoti,

i fratelli, i nonni, i padroni tutti

che vi vogliono belle e pure come oggetti sociali.

Se dite di no vi sembra di fare peccato,

per questo dite sempre di sì, con l'animo

sciolto e la testa piena di fumo amaro,

dite di sì e in cambio ricevete un bacio

di buonanotte dal caro figlio del cuore

su una guancia rugosa che sa di lardo e di acqua sporca.


domenica 12 febbraio 2012

A proposito dell RU486 e dell'applicazione della legge 194....

Alcune compagne all'interno del nostro gruppo stanno lavorando sul tema della salute delle donne, con un'attenzione particolare all'applicazione della 194. Tra il numeroso materiale raccolto desideriamo condividere questo video, che ci ha segnalato Gianna Massari, che, sebbene sia stato prodotto nel 2010 risulta ancora tristemente attuale e riesce a mettere sul tappeto diversi elementi su cui è bene mantenere alta l'attenzione.

giovedì 9 febbraio 2012

Report 6 febbraio 2012

Care tutte,
ieri, lunedì 6 febbraio, ci siamo trovate, per la prima volta di lunedì, nella saletta che gentilmente ci offre la CIGL. C'erano diverse persone (Paola, Marta e forse altre) che solitamente non possono venire il mercoledì e che hanno apprezzato e ringraziato lo sforzo di modificare un'abitudine consolidata per venire incontro a tutte.

-Tavolo comunale per le politiche di genre:
Anche se era presente Carla F., si è deciso comunque di rinviare alla settimana prossima la discussione più approfondita delle sollecitazioni sorte all'incontro del tavolo comunale per le politiche di genere (presetni Alba e Carla F.): l'assessora Ferretti ha infatti deciso di indire un tavolo specifico sui temi della salute delle donne con il primario di ostatricia ed altri operatori asl e dovremmo discutere delle nostre posizioni e richieste. Giulia propone che siano presenti o Gianna o Serenella, sarebbe importante visto che da un lato seguono già i lavori sulla riforma del piano sanitario regionale e dall'altro sono "competenti"; l'idea e' condivisa. Samantha sentirà Serenella, poiché sa che Gianna non è disponibile.

-Questionario fatto circolare dal CP Snoq
Vengono lette le domande del questionario; non tutte sapevano che era già stato compilato e spedito da Alba e Carla F.; molte ritengono che siano domande non banali e complesse, che possono essere decisamente rilevanti nelle discussioni all'interno della rete snoq che va ad avviarsi, e che sarebbe stato per questo necessario discuterne in plenaria, poiché si tratta di posizioni che vanno condivisee che devono essere corali; si decide, pertanto, che il questionario gia' compilato venga rispedito al gruppo e che settimana prossima chi ha cambiamenti da proporre o questioni da discutere le porti all'incontro; se necessario il questionario verrà modificato e rispedito, altrimenti si tratterà solo di discutere sul metodo utilizzato.

-A proposito dell'incontro del 19 a Firenze (di tutti i comitati snoq)
Antonia comincia a lanciare come stimoli documenti elaborati da altri comitati, tra i quali quello inviato dal comitato di Firenze e alcuni inviati dalla rete delle reti.Tatiana propone di fare un elenco delle domande alle quali vorremmo che il19 fosse data una risposta e alle quali noi stesse dovremmo impegnarci a dare una risposta la prossima settimana. Ne segue un lungo giro di interventi nei quali ognuna mette a fuoco cio' che piu' gli preme affrontare e chiarire il 19 Febbraio.. Cerco di fare una sintesi collettiva, anche perché l'idea condivisa da tutte è quella di impegnarsi da qui a settimana prossima a ragionare tutte su queste domande, così da poter discuterne mercoledi prossimo in modo proficuo ed arrivare il 19o con idee e proposte il piu' possibile condivise.
il tema generale sembra a tutte essere quelle dell'organizzazione della rete
1) organizzazione della rete snoq: vogliamo darci una strutturazione (organismi più o meno rigidi, per livelli, con rappresentanti..) o un coordinamento? Innanzi tutto bisogna chiarire questo, per poi pensare a modalità di gestione informazioni, decisioni, incontri... ad esempio modalità di gestire decisioni urgenti, che devono rispondere all'attualità del momento politico...
2) ruolo del comitato promotore. E' giusto definirlo anche nazionale o questo aggettivo ha implicazione diverse rispetto a 'promotore' in quanto creano immediatamente una gerarchia tra il nazionale e i locali (secondo il modello inglobante/inglobati, potremmo dire usando Louis Dumont, o centro e satelliti...); qual'è dunque il suo ruolo? quale la sua autonomia decisionale e politica? in che senso e in che modo può svolgere una funzione di servizio come promotore?
Le tensioni anche piccole ma ripetute rispetto alla gestione e ai ruoli possono avere effetto detonante...
3) autonomia vs vincolo di "allineamento" rispetto ai temi affrontati e alle posizioni scelte: ogni comitato locale può scegliere e prendere posizione localmente in quanto comitato snoq anche se indipendentemente dalla linea condivisa a livello nazionale? ad esempio sulla lotta per la difesa della 194? per molte l'autonomia locale (cioè anche rispetto alle questioni poste nel proprio territorio) di posizioni e scelte è fondamentale;
La questione d'altra parte si può anche ribaltare ponendola come condivisione politica vs trasversalità: emerge infatti forte l'esigenza di trovare e dichiarare senza ambiguità una piattaforma di sostanza che ci identifichi: temi, obiettivi, posizioni politiche imprescindibili e condivise da tutto il movimento. Per converso: fino a che punto siamo disposte ad accettare una trasversalità di posizioni?
A questa esigenza si lega quella di definire la nostra identità: chi siamo e cosa stiamo cercando di costruire; possiamo accettare di stare nello stesso movimento con qualcuno che prende posizione contro o anche solo deisdera tacitare questioni come la difesa della 194 o la lotta contro ogni forma di razzismo?
4) rapporto snoq/rete delle reti? (non ho cspito se interessa a tutte...).

-A proposito di Stefania Noce
Molte ammettono di sentirsi molto a disagio per non aver messo in atto alcuna azione specifica forte e pubblica che esprimesse solidarietà a S.N.; e rispetto a questa mancanza molte hanno riconosciuto la propria eccessiva passività o tendenza ad affidarsi all'iniziativa di altre; in questo senso si apprezza e si è grati a chi comunque si è fatto carico di scrivere e spedire il comunicato stampa, ma si sente che non è abbastanza. Viene proposto di non lasciar passare altro tempo e di immaginare qualcosa di esplicitamente diretto a Stefania, e che insieme risvegli la città su questo tema e metta sotto sguardo critico la risposta che offrono la politica locale e quella nazionale. Si è parlato di un flash mob in via Vivaldi, nel quale coinvolgere le nostre figlie e figli, i loro amici... di una lettera pubblica attraveso la stampa...

-A proposito dell'8 marzo
A questo si lega il tema dell'8 marzo: anche qui si vorrebbe fare qualcosa di concreto, significativo, visibile, arrabbiato, coinvolgente rispetto a donne ( e uomini?) esterne al gruppo, magari giovani.... e anche per questa occasione si è parlato di discutere di violenza alle donne: fare il punto sulla legislazione e sulla convenzione di Istanbul; si è parlato di muoversi insieme alle altre associazioni o gruppi di donne per gridare forte tutte insieme la nostra rabbia per il nostro lavoro, la nostra salute, la nostra libertà... Samantha propone di attaccare un manifesto di denuncia fuori da tutte quelle farmacie che si rifiutano di vendere la pillola del giorno dopo e poi fare un dibattito pubblico sulla difesa della salute delle donne .Antonia propone una sorta di pellegrinaggio in luoghi simbolo delle questioni che riteniamo piu' importanti (tribunale: sentenza della corte sullo strupro di gruppo; ospedale: difesa della legge 194; un partito politico : 50% di donne nelle liste etc etc.
(parlando di questa esigenza di fare, emerge lieve una rilfessione su una certa lentezza, o ruggine, o fiacchezza che nell'utlimo periodo ha avvolto il nostro gruppo...)
Infine per dare la possibilita a tutte di poter discutere in rete sui vari temi si ritiene opportuno sperimentare il google group proposto da Susanna.
buonanotte...giulia

mercoledì 8 febbraio 2012

La Cassazione sullo stupro di gruppo: ecco per cosa vale la pena di indignarsi

di Barbara Spinelli da zeroviolenzadonne.it

Sono un’avvocata e sono una femminista. E sono indignata.
No, non per la famigerata sentenza della Cassazione, ma per come è stata raccontata dai media e commentata da esperti, politici e per le reazioni del movimento femminista stesso.
La disinformazione regna sovrana, circa l’effettivo significato ed il contenuto della sentenza.
Il populismo è il modo più semplice per raccogliere consensi cavalcando la disinformazione.
Il perché della mia voce fuori dal coro, ho cercato brevemente di spiegarlo nella puntata di Fahrenheit di venerdi’. E ringrazio di cuore Loredana Lipperini per avermi dato la possibilità di farlo. Ma cercherò di essere ancora più chiara e più precisa.
Partiamo dall’inizio.
Con legge n. 94/2009 l’allora Ministero delle Pari Opportunità Carfagna modificava l’art. 275 co.3 c.p.p., introducendo l’obbligatorietà della custodia cautelare in carcere per chi fosse indagato, tra gli altri, anche per il reato di violenza sessuale.
Si trattò della classica modifica legislativa raccogli-consensi: come già commentato qui, era infatti solo un “palliativo” capace di “sedare l’opinione pubblica” a fronte dell’incapacità da parte delle Istituzioni di garantire adeguata protezione alle vittime donne e minori che scelgono di denunciare situazioni di violenza sessuale, atti sessuali con minorenne e prostituzione minorile.
Ma ai giuristi era evidente da subito che quella disposizione era microscopicamente incostituzionale.
Perché?
Perché –come già commentato qui nel lontano 2010- nel nostro ordinamento, l’applicazione delle misure cautelari è subordinata a specifiche condizioni di applicabilità (273 c.p.p.: gravi indizi di colpevolezza) ed a esigenze cautelari (274 c.p.p.: o esigenze probatorie o pericolo di fuga o pericolosità sociale). La custodia cautelare (cioè il carcere obbligatorio) può essere disposta solo come extrema ratio, quando ogni altra misura cautelare risulti inadeguata (275 co.3 c.p.p.).
L’unico caso in cui il nostro ordinamento prevede per legge “il carcere obbligatorio” come misura cautelare (e quindi il legislatore presume che chiunque viene accusato di questi reati è certamente talmente pericoloso e a rischio di fuga e capace di inquinare le prove che l’unica misura cautelare adeguata è il carcere) è per i reati di criminalità organizzata.
Per tutti gli altri casi (anche nel caso del più efferato omicidio volontario), spetta al giudice valutare se nel caso concreto se sussistono i requisiti richiesti dalla legge per applicare la misura cautelare all’indagato e stabilire quale misura cautelare è la più adeguata al caso concreto.
E’ proprio sulla base di questa logica di funzionamento del nostro sistema procedurale penale (ricordiamo gli art. 13, 24, 27, 28 e 111 Cost.) che la Corte Costituzionale, nel 2010, con la sentenza n. 265/2010 aveva, come era ovvio che fosse, dichiarato l’incostituzionalità della modifica normativa introdotta dalla Carfagna nella parte in cui introduceva il “carcere obbligatorio” per legge per tutti gli indagati per violenza sessuale.
Ma in realtà la sentenza non era così ovvia né per l’opinione pubblica, né per i politici pronti a cavalcarla. E infatti si sollevò un polverone analogo a quello sollevato oggi dalla sentenza di Cassazione.
Ancora una volta, a mio avviso un polverone:
a) molto preoccupante, dal punto di vista dello stato della democrazia nel nostro Paese
b) del tutto ingiustificato dal punto di vista del contenuto della sentenza e degli obbiettivi del movimento femminista
Mi spiego meglio.
a) E’ preoccupante se neppure chi siede in Parlamento ha percepito la gravità della modifica normativa che era stata approvata e il significato della sentenza della Cassazione. Perché? NON E’ UN CAVILLO LEGALE. E’ una questione di DEMOCRAZIA. Cosa ne pensate infatti se domani il legislatore si svegliasse, e scegliesse di introdurre per legge, a parte che per i reati di criminalità organizzata, il “carcere obbligatorio” per gli indagati, oltre che per stupro, anche per un qualsiasi altro reato, come la resistenza a pubblico ufficiale, o i reati di opinione? Se la modifica introdotta dalla Carfagna fosse stata giudicata legittima dalla Corte Costituzionale si sarebbe aperta una breccia nel sistema, che avrebbe consentito al legislatore di turno di utilizzare lo spauracchio della custodia cautelare in carcere prevista obbligatoriamente per legge per criminalizzare “il nemico” di turno. Pensate in una situazione di crisi che utile strumento di controllo politico delle manifestazioni di dissenso sarebbe stato introdurre la custodia cautelare in carcere obbligatoria per tutti i classici reati per cui solitamente vengono fermati i dimostranti…Ma per fortuna la Consulta c’è, anche se in questo Paese nessuno in questo caso pare essersi accorto della sua utilità. Tuttavia, se né la società civile, né il legislatore sono in grado di cogliere che una modifica normativa raccogli consensi è in grado di aprire una pericolosa breccia nel sistema, significa che siamo pronti per il fascismo, che potrebbe tornare in forme nuove trovandoci totalmente disarmati e incapaci di riconoscerlo (e quindi di combatterlo).
b) Che cosa diceva la sentenza della Corte Costituzionale nel 2010? Che non può essere il legislatore a prevedere “il carcere obbligatorio” per gli indagati per violenza sessuale, ma deve essere il giudice a valutare se nel caso concreto il carcere è l’unica misura adeguata. Che cosa dice oggi la Cassazione? Che il principio affermato dalla Corte Costituzionale nel 2010 si applica non solo agli indagati per violenza sessuale, ma anche agli indagati per violenza sessuale di gruppo.
Dov’è il problema? Il problema non sta nel contenuto della sentenza, ma nella macroscopica e colpevole ignoranza di chi la commenta.
· In primo luogo, perché non è affatto vero che con questa sentenza la Cassazione ha equiparato la violenza sessuale allo stupro di gruppo, ma ha semplicemente stabilito che il principio affermato dalla Corte Costituzionale (che l’obbligatorietà della custodia cautelare in carcere non può essere decisa dal legislatore ma va valutata caso per caso) per la violenza sessuale può essere applicato anche ai casi di violenza sessuale di gruppo
· In secondo luogo, perché sia prima della l. 94/2009, sia oggi, il giudice può, poteva e potrà mandare in carcere gli indagati per violenza sessuale e violenza sessuale di gruppo, se ritiene esistenti le condizioni di applicabilità della misura e le esigenze cautelari.
Dobbiamo chiederci se lo fa, e se non lo fa perchè non lo fa.
Ecco allora dove sta il vero NOCCIOLO DEL PROBLEMA.
1) IL PROBLEMA VERO E’ NEL RENDERE I MAGISTRATI CAPACI DI RICONOSCERE IL DISVALORE DELLA VIOLENZA DI GENERE E DUNQUE IN GRADO DI ADOTTARE TUTTE LE MISURE CAUTELARI ADEGUATE A PROTEGGERE LE DONNE DALLA RIVITTIMIZZAZIONE (INCLUSA LA CUSTODIA CAUTELARE IN CARCERE DEGLI STUPRATORI).
Il problema non è quindi avere una legge che obblighi i magistrati a mandare in carcere tutti gli indagati per violenza sessuale, ma è avere dei giudici in grado di cogliere il disvalore di questi reati e capaci quindi di applicare anche in queste ipotesi la misura della custodia cautelare in carcere.
Ce lo dobbiamo mettere in testa: salvo voler minare il nostro sistema democratico alle sue fondamenta, non possiamo prevedere per legge il carcere obbligatorio (come misura cautelare) per gli stupratori (o meglio per gli indagati per violenza sessuale). Non dobbiamo neanche desiderarlo.
E’ facile essere giustizialisti e populisti e volere tutto e subito per legge, ma questo certo non aiuta a cambiare quella mentalità patriarcale che costituisce la ragione della violenza sessista e dell’impunità di chi la commette.
Nel 2010 qui commentavamo così la sentenza della Corte Costituzionale:
“Si deve prendere atto che in Italia c’è un diffuso clima culturale sessista che permea non solo chi commette questi reati, ma qualche volta anche chi è chiamato a decidere sugli stessi.
Molto spesso ad esempio nei reati di violenza sessuale la valutazione della gravità della condotta è sempre più ravvisata quando l’azione è commessa da un estraneo e su strada; al contrario, per le violenze che avvengono all’interno delle relazioni di lavoro, familiari, amicali, molto spesso viene riconosciuto un minore disvalore sociale, che a volte si traduce addirittura nella applicazione di una pena nei limiti della sospensione condizionale. Quale tutela per queste donne? Ovvero, quale tutela per la maggior parte – statisticamente parlando – delle vittime di violenza sessuale?
Detto questo, non si può pensare che il problema si risolva prevedendo la carcerazione come obbligatoria: il problema è culturale, e si risolve da un lato decostruendo gli stereotipi patriarcali sul ruolo della donna all’interno della società, e dall’altro con una adeguata formazione.
E’ tempo, anche in Italia come nel resto dell’Europa, di iniziare ad approcciare al gravissimo fenomeno criminale della violenza maschile sulle donne non soltanto attraverso l’utilizzo dello strumento penale, ma anche migliorando ed implementando l’utilizzo della l. 154/2001 e dunque degli ordini di allontanamento, fornendo ascolto e supporto effettivo, anche e soprattutto in termini psicologici ed economici, alle donne che denunciano di essere vittime di tali crimini durante la fase delle indagini e del procedimento penale.
E’ necessaria una formazione adeguata per valutare la situazione di rischio specifico che la donna corre nel momento in cui sceglie di denunciare la violenza che subisce.
Anziché imporre ai magistrati la carcerazione obbligatoria dell’indagato è decisamente più opportuno provvedere alla formazione specifica delle forze dell’ordine e della magistratura affinché venga garantita la protezione delle vittime di tali reati, con un uso adeguato di tutte le misure cautelari previste dal nostro ordinamento.
Questo richiede molte più risorse ovviamente, forse è per questo che nessuno ha il coraggio di parlarne.
Ma è questo quello che le donne che denunciano si aspettano: non vendetta, ma protezione, e il ritorno a una vita libera dalla violenza. Questo è diritto fondamentale che lo Stato ha l’obbligo di garantire sì, ma con gli strumenti adeguati.
L’incolumità psico-fisica della vittima non trova la sua massima tutela nella privazione obbligatoria per legge della libertà dell’indagato, ma in una rete di protezione che è obbligo del Governo prevedere, garantire e attuare”.
Il vero obbiettivo dunque è quello di proteggere le vittime di violenza sessuale (più in generale: di violenza di genere) dalla rivittimizzazione, ma senza leggi speciali, senza rivendicare con forza l’utilizzo di un “diritto speciale del nemico” (è un orrore che sia anche il movimento femminista a chiedere questo!).
iniziamo a chiedere quello che è giusto chiedere per il raggiungimento dei nostri obbiettivi.
Iniziamo a chiedere alle Istituzioni di far fronte alla loro responsabilità di proteggere in maniera adeguata le donne vittime di violenza di genere (e dunque anche le vittime di stupro).
Al posto di gridare allo scandalo per sentenze che in sé nulla hanno di scandaloso, io porrei le seguenti domande alla Ministra della Giustizia.
1) Esistono statistiche circa le misure cautelari applicate nei confronti di indagati per violenza sessuale e violenza sessuale di gruppo (ma aggiungerei anche in caso di maltrattamenti)? In quanti casi è stata applicata la custodia cautelare in carcere?
2) Nei casi in cui non è stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere, come è stata assicurata la protezione della persona offesa dal rischio di rivittimizzazione? In quanti casi la vittima ha presentato ulteriori denunce per stalking, molestie, o altri reati nei confronti del soggetto indagato lasciato a piede libero? Quali misure sono state adottate in questi casi? In quanti casi la donna è stata uccisa dal soggetto già denunciato e sottoposto a misure cautelari diverse dalla custodia in carcere?
E’ evidente che questi dati non esistono..
Ma se esistessero, andrebbero analizzati e di quei dati dovrebbe essere fatto tesoro. Di certo confermerebbero che la scarsa applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti degli indagati per violenza sessuale (salvo che si tratti di stranieri, per i quali il pericolo di fuga molto spesso giustifica più facilmente la misura) –ma più in generale per reati che rientrano nella violenza di genere- trova spiegazione nella difficoltà da parte dei magistrati di ri-conoscere il disvalore sociale di queste condotte e di valutarle adeguatamente ai sensi degli art. 274 lett. c) e 275 c.p.p.
Un giudice in grado di riconoscere il disvalore della violenza sessuale, di valutare la pericolosità dell’aggressore sessuale (ma lo stesso discorso vale per i maltrattatori) utilizzando anche i sistemi di valutazione del rischio esistenti, è un giudice in grado di disporre immediatamente l’arresto dell’indagato per stupro e di motivare adeguatamente l’ordinanza con cui dispone la custodia cautelare in carcere.
E’ su questo che si deve lavorare.
Per questo occorre una formazione specifica e sistematica della magistratura su come riconoscere la violenza di genere, e attraverso quali metodi valutare la pericolosità sociale di questa categoria di aggressori e le specifiche esigenze di protezione della persona offesa.
Il Comitato ONU per l’applicazione della CEDAW, nella raccomandazione n. 26/2011 al Governo italiano si è definito preoccupato “per il persistere di attitudini socio-culturali che condonano la violenza domestica” e ritiene che l’elevato numero di femminicidi possa “indicare il fallimento delle Autorità dello Stato-membro nel proteggere adeguatamente le donne, vittime dei loro partner o ex-partner”.
Anche la Relatrice speciale dell’ONU contro la violenza sulle donne, in gennaio in visita ufficiale in Italia, ha osservato che:
“la violenza domestica risulta essere la forma di violenza più pervasiva che continua a colpire le donne in tutto il paese. Il continuum della violenza tra le mura domestiche si riflette nel numero crescente delle vittime di femminicidio: dalle statistiche fornite risulta che, nel 2006, 101 donne sono state uccise dal partner, dal marito o dall’ex partner, e il dato per il 2010 è aumentato a 127. Gran parte delle manifestazioni della violenza non viene denunciata in un contesto caratterizzato da una società patriarcale e incentrato sulla famiglia; la violenza domestica, inoltre, non sempre viene percepita come reato; emerge poi il tema della dipendenza economica, come pure la percezione che la risposta dello Stato a tali denunce possa non risultare appropriata o utile. Per di più, un quadro giuridico frammentario e l’inadeguatezza delle indagini, delle sanzioni e del risarcimento alle donne vittima di violenza sono fattori che contribuiscono al muro di silenzio e di invisibilità che circonda questo tema”.
Per questo motivo, il Comitato CEDAW ha raccomandato alle Istituzioni italiane di attuare entro due anni, tra le altre, le seguenti misure per il contrasto alla violenza di genere:
- racc. 27b/2011: assicurare che le donne vittime di violenza abbiano immediata protezione, compreso l’allontanamento dell’aggressore dall’abitazione, la garanzia che possano stare in rifugi sicuri e ben finanziati su tutto il territorio nazionale; che possano avere accesso al gratuito patrocinio, alla assistenza psico-sociale e ad un’adeguata riparazione, incluso il risarcimento;
- racc. 27c/2011: assicurare che i pubblici ufficiali, specialmente i funzionari delle Forze dell’ordine ed i professionisti del settore giudiziario, medico, sociale e scolastico sistematico ricevano una sensibilizzazione sistematica e completa su tutte le forme di violenza nei confronti delle donne e delle bambine;
- racc. 27d/2011: migliorare il sistema per un’appropriata raccolta dei dati relativi ad ogni forma di violenza nei confronti delle donne, compresi dati relativi alla violenza domestica, alle misure di protezione, alle azioni penali ed alle sentenze di condanna.
A mio avviso quindi la società civile dovrebbe rimodulare le proprie istanze, chiedendo un impegno concreto e strutturale di tutte le Istituzioni per la protezione delle donne vittime di ogni forma di violenza maschile.
2) PROBLEMA NON MENO GRAVE E’ LA DISINFORMAZIONE, CHE ALIMENTA DERIVE POPULISTE E STRUMENTALIZZAZIONI POLITICHE SUL TEMA DELLA VIOLENZA DI GENERE.
Sicuramente un’adeguata informazione sui contenuti e sul significato della sentenza della Corte Costituzionale del 2010 e della Cassazione del 2012 avrebbero impedito lo stravolgimento del significato e di conseguenza la deriva populista e giustizialista dei commenti di politici e opinione pubblica.
Anche su questo punto, torna prepotente il tema della decostruzione degli stereotipi patriarcali e della formazione di genere degli operatori del diritto, dei servizi, della sanità….ma anche dei giornalisti! Colpevoli, in questo caso, di una sorta di femminicidio simbolico, perchè sicuramente hanno causato attraverso una falsa notizia (equiparazione dello stupro allo stupro di gruppo / niente carcere per gli stupratori) una ulteriore sfiducia di molte donne (e uomini) nella giustizia italiana e dunque nell’efficacia della denuncia penale di questi reati.
Ma forse il problema di fondo è a monte, in noi che riceviamo questa notizia, e dell’uso che ne facciamo.
Tutti/e sono bravi/e (e si divertono) a gridare al lupo al lupo per farlo scappare, ma nessuno/a è davvero interessato a costruire la trappola giusta per acchiapparlo?
Donne, femministe, ma voi siete interessate? O vogliamo ancora limitarci all’indignazione (e a questo punto almeno facciamo che sia per qualcosa di fondato…)?
Vero è che l’indignazione comunque è un “segnale”, come bene dice Giovanna Cosenza qui, e Lorella Zanardo qui, ma forse è arrivato anche il tempo di passare oltre, ed organizzarci per la rivendicazione di azioni strutturali ormai improrogabili.